Qualche giorno fa, Takeshi Kitano ha giustamente espresso i suoi dubbi riguardo la "fuga" degli stranieri dal Giappone, ed ha preso come esempio un fatto accadutogli personalmente, riguardo un suo amico italiano che vive a Tokyo.
Questo, come molti stranieri, ama a tal punto il Giappone da avergli detto piu' volte che avrebbe voluto nascere in Giappone, e se possibile vorrebbe divenire giapponese o prenderne la nazionalita'. Eppure appena e' venuto fuori il problema della centrale di Fukushima, in giornata ha fatto valigia, lasciato il lavoro ed e' tornato in Italia...
Proprio adesso che il Giappone e' in ginocchio, la fuga in massa degli stranieri sta creando enormi effetti collaterali. Ad esempio un terzo dei ristoranti cinesi a Tokyo ha dovuto chiudere per mancanza di cuochi e personale, tutti rimpatriati. Molte aziende, per lo piu' fabbriche che utilizzano manodopera straniera, hanno chiuso a tempo indeterminato. Poi ci sono le filiali di ditte straniere; queste hanno chiuso ed hanno mandato i propri dipendenti nei loro paesi mettendo in difficolta' le aziende giapponesi con cui lavorano.
Ultimamente sono disgustato anche dall'inutile ed inumano boicottaggio di prodotti giapponesi che sta avvenendo nel mondo, Italia compresa. Il proprietario di un grande produttore di maccha, un tipo di the verde usato in molti paesi come in America ed in Europa, ha dichiarato che tutti i clienti stranieri hanno cancellato gli ordini.
Faccio presente che sono produttori di Kyoto, che e' lontanissimo dai luoghi "incriminati" ed e' virtualmente impossibile (sopratutto grazie ai venti che spirano sempre verso nord) che arrivino anche minime dosi radioattive. Oppure il wasabi, che viene prodotto al nord ed attualmente e' sicuro; nonostante tutto in Italia non viene piu' importato.
Non di rado si vedono nei supermercati italiani che vendono prodotti nipponici, etichette del tipo "prodotto giapponese importato prima del terremoto", come se adesso fossimo degli appestati. Non sono esenti da questo razzismo nemmeno altri paesi asiatici come Cina e prodotti non alimentari. Questi comportamenti insensati stanno letteralmente massacrando la situazione finanziaria del paese.
Voglio ripetere che qua non siamo nella Corea del nord, od in Cina o in qualche paese dittatoriale in cui gli organi d'informazione sono tutti controllati. Smettiamola con questa fobia dei "Governi Oscuri" che nascondono i misfatti ed occultano le prove! Anzi e' talmente disorganizzato da fornire dati a casaccio che stanno creando inutili timori anche in patria. I media cercano di rendere chiarezza, interpellando decine di esperti, scienziati e professori universitari che cercano di spiegare realisticamente la situazione con dati reali confutati anche da organizzazioni indipendenti stranieri, persino americane ed italiane.
Giusto per chiarire la situazione e mostrare quanto gli occidentali stiano andando fuori di testa in questi giorni, vi mostro dei dati che parlano da soli.
Questo e' il confronto dei limiti legali di contenuto di Iodio-131 in prodotti alimentari:
In GIAPPONE
33.3 millisievert/anno
divisi in:
Acqua 11.1 millisievert/anno
Latte 11.1 millisievert/anno
Verdure a foglia larga 11.1 millisievert/anno
Significa che per raggiungere questi limiti dovremmo mangiare:
Acqua 4.6 litri/giorno
latte 4.6 litri/giorno
Verdure 700g/giorno
Attualmente i valori di radioattività registrati nei campioni d'acqua prelevati in tutti gli impianti di purificazione di Tokyo sono inferiori al minimo rilevabile. Latte e verdure sono di gran lunga inferiori ai limiti descritti.
Presumo che anche un super obeso, se riuscisse ad ingurgitare tutta sta roba ogni giorno, comunque rimarrebbe nei limiti di sicurezza alimentare (morirebbe prima per affaticamento cardiaco!)
In EUROPA
50 millisievert/anno
Percui voi mangiate inconsapevolmente piu' roba radioattiva di quanto facciamo noi in Giappone consapevolmente!
Ovviamente quando le acque si calmeranno, ritorneranno tutti in massa, pretendendo di riavere il posto di lavoro abbandonato, riallacciando i contatti con persone e clienti, riprendendo la loro vita e le loro attivita' come nulla fosse accaduto. Ed ovviamente riprenderanno ad elogiare il Giappone.
Ma non si rendono conto di quanto sia diminuita la fiducia negli stranieri, una fiducia che molti, come me, hanno cercato con molta difficolta' di infondere negli ultimi decenni, ed ora grazie al comportamento della "massa" di occidentali e' andata persa.
Non ho problemi ad ammettere che ultimamente mi mette a disagio essere straniero.
Quando tutti ritorneranno, magari fra un'anno, e tutto tornera' alla normalita', agli occhi della societa' nipponica, anche io come "straniero" faro' parte di quelle persone che sono fuggite dal paese quando aveva piu' bisogno di noi...
Adesso, da lontano e al sicuro nelle proprie case, gli occidentali vogliono aiutare il Giappone, fanno collette e manifestazioni benefiche, offerte di carita' e pregano tutti insieme davanti al Vaticano. Eppure i team di soccorso inviati da molti paesi sono ritornati a casa. Volontari come Medici Senza Frontiere, vanno in qualunque paese del globo, incontro a rischi come AIDS, malaria, fame e sete. Non si fermano davanti alle guerre e criminalita' in Africa, ne' sono stati fermati dal morbillo in Congo o dal colera ad Haiti.
Eppure in Giappone non se ne vede nemmeno uno...
giovedì 31 marzo 2011
3 commenti:
Io ho vissuto alcuni mesi in Giappone. Non sono stata molto fortunata perchè il caso ha voluto che incontrassi quasi unicamente, tra giapponesi ed italiani, una tipologia di personaggi che sarebbero comunque stati malvisti da qualsiasi paese del mondo. Non solo il Giappone non mi ha dato nulla di nulla, ma mi ha rifiutato un semplice rinnovo del permesso di soggiorno in uno dei momenti più drammatici della mia vita, quando avevo il marito malato a curarsi in Italia ed io tentavo di salvare il salvabile delle cose che avevamo costruito. I soldi per mantenermi li avevo, dovevo solo salvare la nostra casa. Ma son dovuta tornare in Italia, senza pietà.
Ma sono altresì convintissima che anche in Giappone ci siano delle brave persone, anche se io non ho avuto la fortuna di incontrarne,per cui mi guardo bene da troppo facili generalizzazioni. Nell'ottobre dello scorso anno, ossia in tempi non sospetti, presi la decisione finale: non sarei tornata a vivere il Giappone, non riuscivo a conciliare stili di vita troppo diversi tra loro. Ma una parte di me è rimasta, particolarmente a Kyoto. Probabilmente, passato il primo spavento, sarei rimasta, se mi ci fossi trovata al momento della tragedia. Probabilmente avrei cercato di dare una mano ai superstiti. Ma ero ormai lontana, tornare indietro mi era impossibile, per cui altro non posso fare che tentare di capire, in questo marasma di informazioni, a volte contraddittorie o poco chiare, quale è la realtà di questo paese. Può darsi che decida di raggiungere un mio amico, giapponese per parte di madre e americano per padre, che è partito per dare una mano, assieme ad un gruppo di medici. Se il mio stato di cardiopatica me lo consente.Non sono un medico, ma ci so fare coi malati, specie se vecchi o spaventati. Nemmeno posso dire di amare particolarmente il Giappone, anche se alcune località mi sono rimaste nel cuore. Ma amo il genere umano e quest'amore mi suggerisce di non restarmene in Italia a far nulla, se minimamente posso dare una ano, sia pure piccola cosa, a chi soffre. Detto questo capisco le fughe dei tanti stranieri, venuti lì, attratti solo dal miraggio di una vita serena, ordinata, lavorativamente soddisfacente, cose che non riuscivano ad ottenere nei loro paesi, ma che avevano trovato lì. Un discorso è inventarsi un futuro da emigrante. Ben altra cosa è mettere a repentaglio la propria vita per un lavoro. Nessuno, credo, di quanti si son fatti una famiglia, dei figli, è scappato.mentre coloro che erano lì solo per lavorare, stranieri in un paese straniero, a volte vittime di uno scarsamente celato senso di razzismo, deve aver sentito l'obbligo morale di rimanere in un paese che, qualsiasi cosa si faccia, è e resterà sempre uno "straniero".Anche se, personalmente, non mi sarei comportata come loro, li capisco. Perchè spesso è capitato anche a me di notare quanti sguardi freddi in volti che si inchinavano sorridendo al termine di un acquisto, sia pure piccolo.Tutto mi sembrava permeato di una sorta di ipocrisia, mascherata da buona educazione. E poi tabte aktre cose che sarebbe lungo spiegare. Insomma non era il mio paese e non lo sarebbe mai diventato. Ma questo non mi ha impedito di piangere di fronte a certi spettacoli, di desiderare di poter fare veramente qualcosa..Tra una settimana ho da fare una serie di esami clinici e solo dopo saprò se posso raggiungere i miei amici e fare fattivamente "qualcosa", quale che sia,e poi tornare a casa mia, nella mia terra che non mi fa sentire estranea con persone che non si inchinano ma hce, se sorridono, lo fanno pure con gli occhi!
Da: Anonimo su 7 aprile 2011 alle ore 08:28
L'ipocrisia ha risvolti osceni. Si fanno grandi pianti e raccolte di fondi e poi in modo del tutto irresponsabile e criminale si boicotta il Giappone. Ha un senso? Bisogna chiederlo ai signori dei media, che sono i veri responsabili dell'isolamento del Giappone, un danno ben più grande del terremoto e della radioattività. Un danno al quale si deve mettere rimedio, altrimenti aiuti e soccorsi servono a niente. La piantassero poi con questa storia razzista dei complotti e delle cose nascoste, un altro frutto di reportage fantasiosi. Le istituzioni giapponesi sono sotto gli occhi di tutti. Certo se l'attuale governo giapponese fosse più all'altezza della situazione sarebbe molto meglio, anche perché, in modo altrettanto indecente, sembra non rendersi conto dei danni causati dal terrorismo mediatico. Questa dovrebbe essere la vera emergenza nazionale.
Da: Anonimo su 7 aprile 2011 alle ore 08:44
L'atteggiamento di molti italiani, poi, è purtroppo in linea con le nostre peggiori tradizioni. Cioè vergognoso. Bisogna anche dire, però, che molti altri hanno un comportamento in linea con le nostre migliori tradizioni. Cioè sono rimasti in Giappone, ragionano con la propria testa, non si fanno influenzare dal terrorismo mediatico e cercano di combatterlo per aiutare questo paese e la gente di qui. E lo stanno facendo forse meglio delle altre comunità straniere. O almeno questa è la mia impressione.
Da: Anonimo su 7 aprile 2011 alle ore 08:51
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